Intervista ad uno scrittore emergente... ALESSANDRO CORTESE

Oggi parlerò di "Eden"!
Un romanzo antico che narra della prima guerra della storia dell'esistenza. Narra del primo amore. Narra del primo inganno. Dice di un Dio collerico con chi lo ama e vendicativo con chi lo odia. E parla del fallimento della rivoluzione.


 Facciamo quattro chiacchere con Alessandro Cortese un giovane scrittore talentuoso che nel suo primo romanzo parla della Genesi, descrivendola dal punto di vista degli angeli ribelli. Parla di tradimenti, enigmatici spiriti ed un concetto di fondo: "libertà". Come scrive la sua casa editrice ARPANET: 

"Alessandro Cortese rivoluziona la lettura della Genesi, proiettando il lettore verso l'identificazione con Lucifero, custode della luce di Eden. Un ribaltamento che seduce, invertendo l'eterna dialettica tra bene e male". 





 1. Ciao Alessandro, perché non ci parli un po’ di te?

Sappi che questa è una domanda terribile! Credo che uno scrittore, di sé, abbia da dire per kilometri, ma non avendoli a disposizione proverò ad essere conciso. Sono sempre stato una persona precisa, precisa al punto da laurearmi in un corso di laurea, Chimica, dove la precisione è tutto. Tuttavia, la scienza è troppo ottusa, a volte, per rispondere a parecchie domande, così che ad essa ho voluto affiancare studi meno convenzionali e più di nicchia che, di tanto in tanto, traspaiono nei miei scritti. Sono sempre stato uno scrittore, tutto il resto di ciò che ho fatto nella mia vita è servito per continuare a scrivere o per avere qualcosa da scrivere.


2.  Quando hai cominciato a scrivere?

Non ho mai iniziato, sono nato con una concezione narrativa della realtà. Ho iniziato a leggere piccolissimo, il mio primo approccio con l’arte è stato il disegno, ma solo attraverso le parole riuscivo a creare ciò che volevo.  Diciamo che, da bambino, giocando con gli amichetti con i nostri giocattoli guerrieri, loro li facevano combattere con urla gutturali, io li facevo dialogare per farli diventare protagonisti delle storie che avevo in testa. Questo dovrebbe provare che non ho mai realmente “iniziato” ma, piuttosto, ho sempre inteso il mondo in un certo modo, quello più puro del racconto.


3.  Eden è il tuo primo romanzo. Qual è stata l’idea che gli ha dato vita?

Non un’idea quanto un’immagine. Ce n’era una splendida di Adamo ed Eva ai due lati dell’albero del bene e del male, l’albero era uno scheletro e, dalle sue mani, scendeva l’abbondante fogliame nel quale si nascondeva il serpente. Era una scena talmente potente che la fantasia non poteva che corrergli appresso, così divenne la copertina del romanzo, rappresentando l’unico esempio che conosco in cui la copertina non è stata scelta in funzione della storia nel libro, ma la storia del libro scelta in funzione della sua copertina :)


4.  È stato difficile arrivare alla pubblicazione?

Difficilissimo. Sono stati necessari 7 anni per trovare un editore serio che credesse nel mio lavoro, uno di quelli che non ha voluto soldi per pubblicare il mio libro, per intenderci. In mezzo a tutto questo tempo, sono state parecchie le copie stampate e mandate in giro senza ricevere quasi mai una risposta, o ricevendo risposte già pronte da inviare a tutti quelli che mandano testi in visione, o ricevendo le famose lettere in cui ci si lamenta delle spese che un editore deve sostenere e quindi dei famosi contributi a carico dell’autore per essere pubblicati. Purtroppo, l’editoria è piena di furbetti e tutti quelli che scrivono dovrebbero scansarli a priori. Da un lato perché si tratta generalmente di truffatori; dall’altro perché pagare per pubblicare non depone bene di fronte ad editori più grandi (che sanno benissimo chi sono gli editori che pubblicano a pagamento).
 

5.  Le tue idee a proposito del mondo editoriale in Italia e all’estero.

Pubblicare in Italia è molto difficile, per il semplice motivo che ci sono più scrittori che lettori. Questo significa che tanta gente scrive e poca legge, di conseguenza di libri se ne vendono probabilmente meno del numero di dattiloscritti che annualmente vengono proposti agli editori italiani. Inoltre, leggendo poco si scrive male, quindi molti di quelli che credono di essere dei bravi scrittori sono in realtà sognatori con tante aspettative ma con poco futuro.
All’estero pubblicare è più semplice, in primo luogo perché si legge di più. I libri si vendono praticamente dovunque, mentre in Italia siamo ancora legati al concetto che un libro si possa comprare solo in libreria. Con un mercato più ampio c’è anche più gente che viene pubblicata e, tra molti, alcuni spiccano perché sono di bravura mostruosa. Non è un mistero, alla luce di questo discorso, il perché i più grandi narratori di questo secolo siano americani.


6.  Ti ha aiutato l’utilizzo dei social network per la promozione del tuo libro?

Parecchio, lo dico molto serenamente. Senza facebook in molti non mi conoscerebbero neanche, e senza internet sarei completamente sconosciuto. Molte presentazioni che ho fatto in giro per l’Italia sono nate proprio dai contatti in chat su fb, e molti ragazzi e ragazze si sono convinti a comprare Eden conoscendomi “virtualmente”. Tuttavia, rimango dell’idea che i social network sono sempre un di più. In primis il proprio romanzo deve essere un buon lavoro, in secondo luogo devi girare, farti vedere e conoscere, dire a voce alta ciò che hai da raccontare e coinvolgere quante più persone possibile. Senza quest’attività da parte propria, in particolar modo quando sei un esordiente, difficilmente, secondo me, il social network può cambiare le sorti di un libro (a parte in rari casi).


7.  Stai lavorando a qualche altro romanzo?

Io lavoro sempre a nuovi romanzi. La verità è che senza scrivere sarei impazzito, carta e penna per me sono una straordinaria valvola di sfogo. Ho concluso un romanzo sulle guerre persiane ad agosto ed uno, splendido,  sulla storia di Muhammad Alì questo Dicembre. Da Gennaio sono attivo esclusivamente su Ad Lucem, il seguito di Eden, che faccio conto di finire a Giugno o Luglio, così che da Settembre cominci il lavoro sul testo da parte della casa editrice. Dopo questo ho già iniziato almeno altri 4 romanzi che porterò a conclusione nei prossimi 5 anni, il resto si vedrà. Ma voglio credere che a questi ritmi, riuscendo a mantenere elevata la qualità, la speranza sia quella di diventare un habitué sugli scaffali delle librerie.


8.  Dove si possono acquistare i tuoi libri?

Si possono acquistare, in teoria, in tutte le librerie italiane. In pratica non è così. Purtroppo, sebbene serissimo, il mio editore è una piccola realtà e, di conseguenza, fuori dal giro della grande distribuzione. Quindi molti librai, quando si cercano i libri pubblicati da Arpanet (il mio editore, appunto), rispondono che li ordineranno e poi invece non lo fanno, semplicemente perché a loro conviene di più vendere Mondadori, Feltrinelli, etc. Questo penalizza moltissimo gli esordienti, ma tant’è. Se vuoi emergere devi fare i conti con queste situazioni tutti i giorni. Fortuna che oggi sempre più persone comprano su internet, in librerie on line che molto spesso, oltre al normale sconto che applicano, non fanno neanche pagare le spese di spedizione. Questo di certo aiuta a vendere.


9. Se ora avessi dinanzi a te un quaderno pieno di righe vuote, cosa scriveresti?

Mi piacerebbe scrivere un western. Sono poco commerciali ma per chi, come me, è cresciuto con i film di Eastwood e Sergio Leone è naturale voler fare qualcosa del genere. Però mi piacerebbe scrivere anche una grande avventura corale che coinvolga molti personaggi che siano, ciascuno, protagonisti a loro modo (N.d.A. Da quest’affermazione s’intuisce il grandissimo amore che ho provato per Lost, letteratura seriale televisiva, mi piace definirlo. Un capolavoro, aggiungo, da studiare per migliorarsi).


10. Qual è il libro che ti ha lasciato un segno?

Ce ne sono davvero diversi. OceanoMare di Alessandro Baricco è quello che mi ha toccato di più, una prosa talmente poetica che è impossibile non farsi toccare, se hai un minimo di sensibilità. Ma Il Maestro e Margherita di Bulgakov è quello che mi ha segnato la costruzione del plot di un testo ead usarela “trama non lineare”. Poi c’è ChuckPahlaniuk, l’autore geniale di Fight Club, che il meglio di sé l’ha dato, a mio avviso, con InvisibleMonsters (geniale) a livello di storia, e Rabbia, a livello di realizzazione tecnica e costruzione del testo. Ma di autori e libri che mi hanno segnato ce ne sono davvero tantissimi… praticamente quasi tutti quelli che ho letto mi hanno, in qualche modo, lasciato qualcosa. Kafka, Orwell, Fante, Chandler, Hemingway, Lovecraft, Poe, Collodi, l’immenso Italo Calvino… tutti loro mi hanno lasciato un segno, per usare la tua parola.


11. Scrivere è un modo per parlare di te o suggerire qualcosa agli altri?

Entrambe le cose, in realtà. Suggerisci qualcosa agli altri sperando che ti ascoltino, ma uno scrittore scrive sempre di sé. Anche ambientando la storia in un altro mondo e/o in un’altra epoca, un narratore parla di sé, non potrebbe essere diversamente. Sono fermamente convinto che le storie siano assolute e chi scrive in realtà sia soltanto capace d’ascoltarle, quindi le riporta su un foglio. Ma quando la storia arriva e, attraverso di te, passa, è inevitabile che si prenda qualcosa di tuo e lo lasci sul foglio. Il bravo scrittore è anche chi, con la tecnica, sa nascondere sé stesso dentro la storia che scrive.


12. Cosa vuol dire scrivere?

Vuol dire dare ciò che puoi agli altri. Altrimenti sei un mestierante. Poi ciò che proponi può piacere o non piacere, ma anche tra persone reali c’è simpatia e antipatia. Scrivere vuol dire essere un dio, perché crei la vita dove prima non c’era che un foglio bianco. Ed è vita che, se non fosse in un libro, potrebbe essere vera, perché i personaggi piangono, ridono, muoiono e fanno tutto quello che si fa quando si vive davvero. Ci sono personaggi di cui ho raccontato la storia che, a rileggerli ogni volta, non posso pensare a loro come a vecchi amici. Sono vivi, dentro di me ed anche sul foglio. Quindi scrivere è vita, tua, dei tuoi personaggi ed anche di chi ti legge, perché un romanzo è apprezzato quando il lettore riesce a ritrovarsi tra le righe.


13. Ti ringrazio per il tempo dedicato, vuoi dirci ancora qualcosa?

Intanto ti ringrazio per questa intervista. Non ne rilascio spesso e per me sta diventando piacevole farlo, quando capita. Sì, qualcosa da dire ai tuoi lettori c’è di sicuro… leggete, leggete, leggete. Non lasciate morire il libro e non abbiate paura di farvi domande, siate famelici perché un cervello ingordo funziona anche meglio, e se funziona meglio nessuno potrà prenderci in giro, perché sarà più facile riconoscere le bugie che i potenti credono di poter raccontare mantenendo il proprio credito. Ognuno di noi ha il dovere morale di migliorarsi intellettualmente. È l’unico modo perché si possa salvare il mondo :)


Un saluto ed un grosso abbraccio

Alessandro Cortese


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martedì 7 febbraio 2012

Intervista ad uno scrittore emergente... ALESSANDRO CORTESE

Oggi parlerò di "Eden"!
Un romanzo antico che narra della prima guerra della storia dell'esistenza. Narra del primo amore. Narra del primo inganno. Dice di un Dio collerico con chi lo ama e vendicativo con chi lo odia. E parla del fallimento della rivoluzione.


 Facciamo quattro chiacchere con Alessandro Cortese un giovane scrittore talentuoso che nel suo primo romanzo parla della Genesi, descrivendola dal punto di vista degli angeli ribelli. Parla di tradimenti, enigmatici spiriti ed un concetto di fondo: "libertà". Come scrive la sua casa editrice ARPANET: 

"Alessandro Cortese rivoluziona la lettura della Genesi, proiettando il lettore verso l'identificazione con Lucifero, custode della luce di Eden. Un ribaltamento che seduce, invertendo l'eterna dialettica tra bene e male". 





 1. Ciao Alessandro, perché non ci parli un po’ di te?

Sappi che questa è una domanda terribile! Credo che uno scrittore, di sé, abbia da dire per kilometri, ma non avendoli a disposizione proverò ad essere conciso. Sono sempre stato una persona precisa, precisa al punto da laurearmi in un corso di laurea, Chimica, dove la precisione è tutto. Tuttavia, la scienza è troppo ottusa, a volte, per rispondere a parecchie domande, così che ad essa ho voluto affiancare studi meno convenzionali e più di nicchia che, di tanto in tanto, traspaiono nei miei scritti. Sono sempre stato uno scrittore, tutto il resto di ciò che ho fatto nella mia vita è servito per continuare a scrivere o per avere qualcosa da scrivere.


2.  Quando hai cominciato a scrivere?

Non ho mai iniziato, sono nato con una concezione narrativa della realtà. Ho iniziato a leggere piccolissimo, il mio primo approccio con l’arte è stato il disegno, ma solo attraverso le parole riuscivo a creare ciò che volevo.  Diciamo che, da bambino, giocando con gli amichetti con i nostri giocattoli guerrieri, loro li facevano combattere con urla gutturali, io li facevo dialogare per farli diventare protagonisti delle storie che avevo in testa. Questo dovrebbe provare che non ho mai realmente “iniziato” ma, piuttosto, ho sempre inteso il mondo in un certo modo, quello più puro del racconto.


3.  Eden è il tuo primo romanzo. Qual è stata l’idea che gli ha dato vita?

Non un’idea quanto un’immagine. Ce n’era una splendida di Adamo ed Eva ai due lati dell’albero del bene e del male, l’albero era uno scheletro e, dalle sue mani, scendeva l’abbondante fogliame nel quale si nascondeva il serpente. Era una scena talmente potente che la fantasia non poteva che corrergli appresso, così divenne la copertina del romanzo, rappresentando l’unico esempio che conosco in cui la copertina non è stata scelta in funzione della storia nel libro, ma la storia del libro scelta in funzione della sua copertina :)


4.  È stato difficile arrivare alla pubblicazione?

Difficilissimo. Sono stati necessari 7 anni per trovare un editore serio che credesse nel mio lavoro, uno di quelli che non ha voluto soldi per pubblicare il mio libro, per intenderci. In mezzo a tutto questo tempo, sono state parecchie le copie stampate e mandate in giro senza ricevere quasi mai una risposta, o ricevendo risposte già pronte da inviare a tutti quelli che mandano testi in visione, o ricevendo le famose lettere in cui ci si lamenta delle spese che un editore deve sostenere e quindi dei famosi contributi a carico dell’autore per essere pubblicati. Purtroppo, l’editoria è piena di furbetti e tutti quelli che scrivono dovrebbero scansarli a priori. Da un lato perché si tratta generalmente di truffatori; dall’altro perché pagare per pubblicare non depone bene di fronte ad editori più grandi (che sanno benissimo chi sono gli editori che pubblicano a pagamento).
 

5.  Le tue idee a proposito del mondo editoriale in Italia e all’estero.

Pubblicare in Italia è molto difficile, per il semplice motivo che ci sono più scrittori che lettori. Questo significa che tanta gente scrive e poca legge, di conseguenza di libri se ne vendono probabilmente meno del numero di dattiloscritti che annualmente vengono proposti agli editori italiani. Inoltre, leggendo poco si scrive male, quindi molti di quelli che credono di essere dei bravi scrittori sono in realtà sognatori con tante aspettative ma con poco futuro.
All’estero pubblicare è più semplice, in primo luogo perché si legge di più. I libri si vendono praticamente dovunque, mentre in Italia siamo ancora legati al concetto che un libro si possa comprare solo in libreria. Con un mercato più ampio c’è anche più gente che viene pubblicata e, tra molti, alcuni spiccano perché sono di bravura mostruosa. Non è un mistero, alla luce di questo discorso, il perché i più grandi narratori di questo secolo siano americani.


6.  Ti ha aiutato l’utilizzo dei social network per la promozione del tuo libro?

Parecchio, lo dico molto serenamente. Senza facebook in molti non mi conoscerebbero neanche, e senza internet sarei completamente sconosciuto. Molte presentazioni che ho fatto in giro per l’Italia sono nate proprio dai contatti in chat su fb, e molti ragazzi e ragazze si sono convinti a comprare Eden conoscendomi “virtualmente”. Tuttavia, rimango dell’idea che i social network sono sempre un di più. In primis il proprio romanzo deve essere un buon lavoro, in secondo luogo devi girare, farti vedere e conoscere, dire a voce alta ciò che hai da raccontare e coinvolgere quante più persone possibile. Senza quest’attività da parte propria, in particolar modo quando sei un esordiente, difficilmente, secondo me, il social network può cambiare le sorti di un libro (a parte in rari casi).


7.  Stai lavorando a qualche altro romanzo?

Io lavoro sempre a nuovi romanzi. La verità è che senza scrivere sarei impazzito, carta e penna per me sono una straordinaria valvola di sfogo. Ho concluso un romanzo sulle guerre persiane ad agosto ed uno, splendido,  sulla storia di Muhammad Alì questo Dicembre. Da Gennaio sono attivo esclusivamente su Ad Lucem, il seguito di Eden, che faccio conto di finire a Giugno o Luglio, così che da Settembre cominci il lavoro sul testo da parte della casa editrice. Dopo questo ho già iniziato almeno altri 4 romanzi che porterò a conclusione nei prossimi 5 anni, il resto si vedrà. Ma voglio credere che a questi ritmi, riuscendo a mantenere elevata la qualità, la speranza sia quella di diventare un habitué sugli scaffali delle librerie.


8.  Dove si possono acquistare i tuoi libri?

Si possono acquistare, in teoria, in tutte le librerie italiane. In pratica non è così. Purtroppo, sebbene serissimo, il mio editore è una piccola realtà e, di conseguenza, fuori dal giro della grande distribuzione. Quindi molti librai, quando si cercano i libri pubblicati da Arpanet (il mio editore, appunto), rispondono che li ordineranno e poi invece non lo fanno, semplicemente perché a loro conviene di più vendere Mondadori, Feltrinelli, etc. Questo penalizza moltissimo gli esordienti, ma tant’è. Se vuoi emergere devi fare i conti con queste situazioni tutti i giorni. Fortuna che oggi sempre più persone comprano su internet, in librerie on line che molto spesso, oltre al normale sconto che applicano, non fanno neanche pagare le spese di spedizione. Questo di certo aiuta a vendere.


9. Se ora avessi dinanzi a te un quaderno pieno di righe vuote, cosa scriveresti?

Mi piacerebbe scrivere un western. Sono poco commerciali ma per chi, come me, è cresciuto con i film di Eastwood e Sergio Leone è naturale voler fare qualcosa del genere. Però mi piacerebbe scrivere anche una grande avventura corale che coinvolga molti personaggi che siano, ciascuno, protagonisti a loro modo (N.d.A. Da quest’affermazione s’intuisce il grandissimo amore che ho provato per Lost, letteratura seriale televisiva, mi piace definirlo. Un capolavoro, aggiungo, da studiare per migliorarsi).


10. Qual è il libro che ti ha lasciato un segno?

Ce ne sono davvero diversi. OceanoMare di Alessandro Baricco è quello che mi ha toccato di più, una prosa talmente poetica che è impossibile non farsi toccare, se hai un minimo di sensibilità. Ma Il Maestro e Margherita di Bulgakov è quello che mi ha segnato la costruzione del plot di un testo ead usarela “trama non lineare”. Poi c’è ChuckPahlaniuk, l’autore geniale di Fight Club, che il meglio di sé l’ha dato, a mio avviso, con InvisibleMonsters (geniale) a livello di storia, e Rabbia, a livello di realizzazione tecnica e costruzione del testo. Ma di autori e libri che mi hanno segnato ce ne sono davvero tantissimi… praticamente quasi tutti quelli che ho letto mi hanno, in qualche modo, lasciato qualcosa. Kafka, Orwell, Fante, Chandler, Hemingway, Lovecraft, Poe, Collodi, l’immenso Italo Calvino… tutti loro mi hanno lasciato un segno, per usare la tua parola.


11. Scrivere è un modo per parlare di te o suggerire qualcosa agli altri?

Entrambe le cose, in realtà. Suggerisci qualcosa agli altri sperando che ti ascoltino, ma uno scrittore scrive sempre di sé. Anche ambientando la storia in un altro mondo e/o in un’altra epoca, un narratore parla di sé, non potrebbe essere diversamente. Sono fermamente convinto che le storie siano assolute e chi scrive in realtà sia soltanto capace d’ascoltarle, quindi le riporta su un foglio. Ma quando la storia arriva e, attraverso di te, passa, è inevitabile che si prenda qualcosa di tuo e lo lasci sul foglio. Il bravo scrittore è anche chi, con la tecnica, sa nascondere sé stesso dentro la storia che scrive.


12. Cosa vuol dire scrivere?

Vuol dire dare ciò che puoi agli altri. Altrimenti sei un mestierante. Poi ciò che proponi può piacere o non piacere, ma anche tra persone reali c’è simpatia e antipatia. Scrivere vuol dire essere un dio, perché crei la vita dove prima non c’era che un foglio bianco. Ed è vita che, se non fosse in un libro, potrebbe essere vera, perché i personaggi piangono, ridono, muoiono e fanno tutto quello che si fa quando si vive davvero. Ci sono personaggi di cui ho raccontato la storia che, a rileggerli ogni volta, non posso pensare a loro come a vecchi amici. Sono vivi, dentro di me ed anche sul foglio. Quindi scrivere è vita, tua, dei tuoi personaggi ed anche di chi ti legge, perché un romanzo è apprezzato quando il lettore riesce a ritrovarsi tra le righe.


13. Ti ringrazio per il tempo dedicato, vuoi dirci ancora qualcosa?

Intanto ti ringrazio per questa intervista. Non ne rilascio spesso e per me sta diventando piacevole farlo, quando capita. Sì, qualcosa da dire ai tuoi lettori c’è di sicuro… leggete, leggete, leggete. Non lasciate morire il libro e non abbiate paura di farvi domande, siate famelici perché un cervello ingordo funziona anche meglio, e se funziona meglio nessuno potrà prenderci in giro, perché sarà più facile riconoscere le bugie che i potenti credono di poter raccontare mantenendo il proprio credito. Ognuno di noi ha il dovere morale di migliorarsi intellettualmente. È l’unico modo perché si possa salvare il mondo :)


Un saluto ed un grosso abbraccio

Alessandro Cortese


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